A bright line, painting beyond surface
“Pollock’s line bounds and delimits nothing …” Così Michael Fried sintetizzava una delle maggiori conquiste dell’arte americana, giunta a compimento di un lungo percorso iniziato con le avanguardie di primo Novecento.
Liberare la linea dal suo (reiterato) “task of describing and bounding shapes and figures – whether abstract or representatives – on the surfaces of the canvas.”
Abolita qualsiasi sua funzione denotativa, alle neo-avanguardie si sono aperte nuove possibilità di riconcettualizzare la linea, innanzitutto come continuum spazio-temporale che obbedisce alla propria logica – al di là di ogni dipendenza dalla gestualità dell’artista.
Ma questa esigenza di autonomia può realizzarsi davvero se sul piano procedurale la linea rimane dipendente dal suo alveo naturale, ovvero dalla superficie sulla quale anche idealmente può essere tracciata?
Proviamo a invertire i termini della questione: una pittura che rinuncia alla superficie.
L’Artefact è una prima soluzione a questo tipo di problemi.